A Ferlinghetti

Vorrei scrivere di Ferlinghetti l’umano poeta, «l’anarchico nel cuore», il guerriero della penna e della carta, che ci ha lasciato l’altro ieri a 101 anni-quasi 102, ma sento che non riesco a comprenderlo tutto, ad abbracciarlo per intero intendo, che è più grande e intenso di ciò che potrei produrre qui, su queste misere e agitate lande. Ho deciso di cavarmela citando cinque righe d’altrə – cinque righe scritte da compagnə di viaggio -, una poesia, ripescata stamattina troppo presto in quel piccolo grande libro che è A Coney Island of the Mind, e un pezzo a tema, dal passo beat.

«Ferlinghetti è stato determinante nel democratizzare la letteratura americana creando (insieme a Peter D. Martin) la prima libreria di tascabili del paese nel 1953, dando vita a un movimento per diffondere libri di qualità vari ed economici. Immaginò la libreria come un “luogo di incontro letterario”, dove scrittori e lettori potessero riunirsi per condividere idee sulla poesia, la narrativa, la politica e le arti».

Gli dobbiamo tutti tanto. Io di certo. Ciao Lawrence.

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