Lettera ucraina di solidarietà con il popolo palestinese

Giovedì 2 novembre, sul sito di sinistra ucraino «Commons», è stata pubblicata una lettera di solidarietà al popolo palestinese, che al momento in cui scrivo è stata firmata da più di duecento persone. La ripropongo qui, in una traduzione mista per metà mia e di deepl.com, e per metà di «Rproject». Credo che la lettera sia particolarmente importante e il testo particolarmente azzeccato, perché fa l’unica possibile e auspicabile da un punto di vista internazionalista, e cioè condannare l’attaccco di Hamas come vile e Hamas stessa come organizzazione reazionaria, ma senza per questo rinunciare – come fanno i pavidi o quelli che hanno trasformato la militanza politica in fede o tifo calcistico a mostrare solidarietà alla popolazione palestinese che sta morendo sotto le bombe e a denunciare l’occupazione israeliana.

Noi, ricercatori, artisti, attivisti politici e sindacali e membri della società civile ucraina, siamo solidali con il popolo palestinese che, da settantacinque anni, sopporta e resiste all’occupazione militare israeliana, alla separazione, alla violenza coloniale, alla pulizia etnica, all’espropriazione delle terre e all’apartheid. Scriviamo questa lettera da popolo a popolo. Il discorso dominante a livello governativo e anche tra i gruppi di solidarietà che sostengono le lotte di ucraini e palestinesi spesso crea separazioni. Con questa lettera, rifiutiamo queste divisioni e affermiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che sono oppressi e che lottano per la libertà.

Come attivisti impegnati per la libertà, i diritti umani, la democrazia e la giustizia sociale, e pur riconoscendo pienamente le differenze, condanniamo fermamente gli attacchi alle popolazioni civili – sia che si tratti di israeliani attaccati da Hamas, sia che si tratti di palestinesi attaccati dalle forze di occupazione israeliane e dalle bande armate di coloni. Prendere deliberatamente di mira i civili è un crimine di guerra. Tuttavia, questo non giustifica la punizione collettiva del popolo palestinese, l’identificazione di tutti i residenti di Gaza con Hamas e l’uso indiscriminato del termine «terrorismo» applicato all’intera resistenza palestinese. Né giustifica la continuazione dell’occupazione. Facendo eco a numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, sappiamo che non ci sarà pace duratura senza giustizia per il popolo palestinese.

Il 7 ottobre abbiamo assistito alla violenza di Hamas contro i civili in Israele, un evento che ora viene preso in considerazione da molti per demonizzare e disumanizzare la resistenza palestinese nel suo complesso. Hamas, un’organizzazione islamica reazionaria, deve essere vista in un contesto storico più ampio e nel contesto dell’invasione pluridecennale di Israele della terra palestinese, molto prima della nascita dell’organizzazione alla fine degli anni Ottanta. Durante la Nakba («catastrofe») del 1948, più di 700.000 palestinesi furono cacciati brutalmente dalle loro case e interi villaggi furono massacrati e distrutti. Dalla sua creazione, Israele non ha mai cessato la sua espansione coloniale. I palestinesi sono stati costretti all’esilio, frammentati e amministrati sotto diversi regimi. Alcuni di loro sono cittadini israeliani, vittime di discriminazione strutturale e razzismo. Quelli che vivono nella Cisgiordania occupata sono sottoposti all’apartheid sotto decenni di controllo militare israeliano. I residenti della Striscia di Gaza soffrono del blocco imposto da Israele dal 2006, che limita la circolazione di persone e merci, portando a un aumento della povertà e delle privazioni.

Dal 7 ottobre e al momento in cui scriviamo, il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza è salito a oltre 8.500. Le donne e i bambini rappresentano oltre il 62% delle vittime, mentre i feriti sono oltre 21.048. Negli ultimi giorni, Israele ha bombardato scuole, aree residenziali, la Chiesa greco-ortodossa e diversi ospedali. Israele ha anche interrotto le forniture di acqua, elettricità e carburante alla Striscia di Gaza. C’è una grave carenza di cibo e di medicinali, che ha portato al collasso totale del sistema sanitario.

La maggior parte dei media occidentali e israeliani giustificano queste morti come semplici danni collaterali nella lotta contro Hamas, ma tacciono quando si tratta dei civili palestinesi presi di mira e uccisi nella Cisgiordania occupata. Solo dall’inizio del 2023, e prima del 7 ottobre, il numero di morti palestinesi era già salito a 227. Dal 7 ottobre, 121 civili palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata. Più di 10.000 prigionieri politici palestinesi sono attualmente detenuti nelle carceri israeliane. Una pace e una giustizia durature sono possibili solo con la fine dell’attuale occupazione. I palestinesi hanno il diritto all’autodeterminazione e alla resistenza contro l’occupazione israeliana, proprio come gli ucraini hanno il diritto di resistere all’invasione russa.

La nostra solidarietà nasce da un senso di rabbia per l’ingiustizia e di profondo dolore per gli effetti devastanti dell’occupazione, dei bombardamenti sulle infrastrutture civili e del blocco umanitario che abbiamo sperimentato nel nostro Paese. Parti dell’Ucraina sono occupate dal 2014 e la comunità internazionale non è riuscita a fermare l’aggressione russa, ignorando la natura imperiale e coloniale della violenza armata, che di conseguenza si è intensificata il 24 febbraio 2022. I civili in Ucraina vengono bombardati ogni giorno nelle loro case, negli ospedali, alle fermate degli autobus, nelle code per il pane. A causa dell’occupazione russa, migliaia di persone in Ucraina vivono senza accesso all’acqua, all’elettricità o al riscaldamento, e sono i gruppi più vulnerabili quelli più colpiti dalla distruzione delle infrastrutture essenziali. Durante i mesi di assedio e di bombardamento intensivo di Mariupol, non c’è stato alcun corridoio umanitario. Guardando gli israeliani colpire le infrastrutture civili a Gaza, comprendiamo benissimo e con dolore il blocco umanitario e l’occupazione israeliana del territorio. Da questo luogo di dolore, esperienza e solidarietà, facciamo appello ai nostri concittadini ucraini in tutto il mondo e a tutti i popoli affinché alzino la voce a sostegno del popolo palestinese e condannino la pulizia etnica di massa in corso da parte di Israele.

Respingiamo le dichiarazioni del governo ucraino che esprimono un sostegno incondizionato alle azioni militari di Israele e consideriamo tardivi e insufficienti gli appelli del ministero degli esteri ucraino a evitare vittime civili. Questa posizione rappresenta un arretramento rispetto al sostegno ai diritti dei palestinesi e alla condanna dell’occupazione israeliana che l’Ucraina ha seguito per decenni, anche con il voto alle Nazioni Unite.  Consapevoli del pragmatico ragionamento geopolitico alla base della decisione dell’Ucraina di fare da eco agli alleati occidentali da cui dipendiamo per la nostra sopravvivenza, riteniamo che l’attuale sostegno a Israele e il rifiuto del diritto all’autodeterminazione dei palestinesi siano in contrasto con l’impegno dell’Ucraina stessa per i diritti umani e la lotta per la nostra terra e la nostra libertà. Come ucraini, dovremmo essere solidali non con gli oppressori, ma con coloro che soffrono e resistono all’oppressione.

Ci opponiamo fermamente all’equiparazione, da parte di alcuni politici, degli aiuti militari occidentali all’Ucraina e a Israele. L’Ucraina non sta occupando i territori di altri popoli, ma sta combattendo contro l’occupazione russa, e gli aiuti internazionali servono quindi a una giusta causa e alla tutela del diritto internazionale. Israele ha occupato e annesso territori palestinesi e siriani, e gli aiuti occidentali confermano un ordine ingiusto e dimostrano due pesi e due misure in relazione al diritto internazionale.

Ci opponiamo alla nuova ondata di islamofobia, come il brutale omicidio di un bambino palestinese americano di 6 anni e l’attacco alla sua famiglia nell’Illinois (USA) e all’equiparazione di qualsiasi critica a Israele all’antisemitismo. Allo stesso tempo, ci opponiamo a ritenere tutti gli ebrei del mondo responsabili delle politiche dello stato di Israele e condanniamo la violenza antisemita, come l’attacco della folla all’aereo in Daghestan, Russia. Rifiutiamo anche la ripresa della retorica della «guerra al terrore», usata dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea per giustificare crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale che hanno minato il sistema di sicurezza internazionale e causato innumerevoli morti, e che è stata presa in prestito da altri stati, in particolare dalla Russia per la guerra in Cecenia e dalla Cina per il genocidio degli Uiguri. Oggi, Israele la utilizza per effettuare la pulizia etnica.

Appello all’azione:

Sollecitiamo l’attuazione della richiesta di cessate il fuoco avanzata dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Chiediamo al governo israeliano di cessare immediatamente gli attacchi contro i civili e di fornire aiuti umanitari; insistiamo sulla revoca immediata e incondizionata dell’assedio di Gaza e sulla necessità di un’operazione di soccorso urgente per ripristinare le infrastrutture civili. Chiediamo inoltre al governo israeliano di porre fine all’occupazione e di riconoscere il diritto dei palestinesi sfollati a tornare nella loro terra.

Chiediamo al governo ucraino di condannare l’uso del terrore imposto dallo stato israeliano e il blocco umanitario contro la popolazione civile di Gaza e di riaffermare il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. Chiediamo inoltre al governo ucraino di condannare l’aggressione deliberata contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Chiediamo ai media internazionali di smettere di mettere palestinesi e ucraini l’uno contro l’altro, dove le gerarchie di sofferenza perpetuano la retorica razzista e disumanizzano coloro che sono sotto attacco.

Abbiamo visto il mondo unirsi in solidarietà per il popolo ucraino e chiediamo a tutti di fare lo stesso per il popolo palestinese.

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